giovedì 31 gennaio 2013

IERI ED OGGI



(breve racconto 24/12/2005)


È il 24 di dicembre del 1910, il gallo come un orologio svizzero canta dall'alto della sua fattoria, il risveglio della campagna calabrese, che come un bambino immerso nei suoi sogni, riabbraccia la realtà della quotidianità riaprendo gli occhi, ancora per un po’ sotto le coperte calde della notte. La luce del sole, come una carezza, si poggia sulle guance della gente per annunciar loro soavemente l’inizio di un nuovo giorno. Le mamme da buone mattiniere preparano la colazione ai figli, fatta di latte caldo appena munto dalla mucca dal pastore, che con un po’di pane e miele riscalda l’anima e le mani gelate dal freddo che, trapela dagli infissi delle finestre munite solo da semplici imposte. I padri addosso ad un mulo, con in testa un cappello scuro, vanno a comprare la legna dal boscaiolo più vicino per assicurare, cibo e mani calde alle proprie famiglie, la sera al loro ritorno. Le giovani donne intonando una dolce canzone, con il fazzoletto in testa si apprestano insieme alle madri ad andare al fiume a lavare a mano le lenzuola e gli abiti sporchi per poi recarsi a raccogliere le olive, le noci, le arance… gli odori e i colori  della campagna da portare a casa o da regalare ai vicini e ai parenti come dono d’affetto sincero. A mezzogiorno, il canto del gallo risuona di nuovo dall’alto, per invitare la gente ad andare nelle piazze e nei mercati dove possono trovare: stoffe, prodotti di stagione, le uova e gli animali da fattoria.
I giovani e gli adulti, invece, si preparano a brindare e a suonare la fisarmonica, dopo aver ammazzato il maiale e quindi dopo aver assicurato provviste per  l’inverno e per gli eventi dell’anno, tra cui anche le domeniche, da festeggiare in famiglia. Nel pomeriggio
il sole circondato da nuvole passeggere, come un buon forno fa lievitare il pane appena impastato dalle nonne, che con le loro mani morbide e sagge danno forma ed anima ai dolci canditi di zucchero a velo, cioccolata, crema, miele e castagne… creando leccornie di prima qualità, dove il segreto per renderle così speciali è: l’amore, che difficilmente si può spiegare a parole, ma è una sensazione che non se ne va via solo all’ultimo boccone del pezzo di torta, ma rimane vivo, il ricordo del suo profumo, nell’olfatto e nel cuore di chi lo assaggia. La sera la gente si sveste dei panni quotidiani per sfoggiare quelli natalizi, che come le stoviglie e gli addobbi, vengono  tirati fuori dagli armadi una volta all’anno per celebrare la nascita di Gesù. La sera le case risplendono dei sorrisi, degli abbracci, dei balli e delle canzoni che i parenti, tra un brindisi ed un altro del vino d’annata, fanno intorno ad una tavolata dove c’è chi piange di gioia per il troppo ridere e c’è chi si dispera a carte tra una vittoria ed una sconfitta. Non importa se all’ultimo non si scartano i regali quello che conta: a giovani , donne ed anziani è di stare insieme il più possibile, passando la serata al ritmo di musiche e storie vere o inventate che i nonni, da gran  maestri di vita, raccontano con voce impostata, ai bambini che incuriositi ascoltano in silenzio, mentre fuori la porta la notte,incantata dall’atmosfera natalizia, aspetta che scocchi la mezzanotte per sentire il suono delle campane che invitano le persone a messa.
È il 24 di dicembre del 2005, il sole si alza dai grattacieli per annunciare al ritmo di rock en’blues il giorno più caotico e bello dell’anno. I ragazzi dormono fino a tardi e nei loro sogni immaginano chi sa che cosa mamma e papà abbiano posto sotto l’albero per loro. Naturalmente c’è chi come i bambini che si alzano presto per scrutare dalle finestre delle loro stanze qualche traccia della slitta con le renne sul manto innevato del campetto di calcio, sperando e pregando che la loro letterina sia arrivata in tempo a Babbo Natale. Le mamme si alzano da buone mattiniere, ma lasciano tutto pronto e confezionato per colazione ai figli dormiglioni, per correre a comprare pesce fresco, panettoni, dolciumi, e qualche altro regalo all’ultimo secondo. I padri vanno a comprare il giornale, lo spumante, la carne, il biglietto della lotteria e l’ultimo cd con tutte le canzoni natalizie. Le strade della città sono colme di persone, che per la fretta lasciano la macchina in doppia fila e corrono sfrenati dal parrucchiere o ad acquistare il vestito firmato da indossare la sera dell’ultimo dell’anno pagandolo a metà prezzo, così da far invidia ad amici e parenti nell’andare a mangiare tutti insieme al ristorante, evitando così stress da cucina, ma ansiosi di accogliere lo scoccare del nuovo anno con uno strepitoso trenino con cappellino e coriandoli in testa. La sera di natale non può mancare l’albero che con le sue luci profane si affiancano a quelle sacre del presepe posto vicino al camino, dove sono appese le calze della befana che stanno in attesa  di essere riempite di dolci o carbone. Dopo mangiato, le persone si dilettano a scartare con euforia i regali  voluti, sperati o accettati per forza, anche se in verità non era quello che volevano e forse l’anno prossimo finiranno sotto un nuovo albero di Natale per essere riciclati. A mezzanotte dai balconi la gente incantata dai colori dei fuochi d’artificio, tra un bacio ed un augurio, scruta dall’alto la stella cometa, che nonostante la sua età, riesce con la sua luce a far sognare grandi e piccini come 2005 anni fa. Come il 24 di dicembre del 1910  le campane delle chiese suonano per invitare la gente di fede ad andare a messa ad accogliere la venuta di Gesù Cristo tra noi mortali, che come una magia, ferma ogni cosa e porta tutti quanti a riflettere sul vero senso del Natale…che non è l’odio ma L’AMORE, che non è il caos ma la PACE.

AUGURI

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