lunedì 1 dicembre 2014

La multidisciplinarietà e la contaminazione di idee imprenditoriali ai tempi della crisi e della mancanza di garanzie






                               
Sono nella Biblioteca dellUniversità della Calabria, tra i manuali di diritto del lavoro. Raccolgo il materiale utile per le mie ricerche e per il mio percorso di dottorato. Tra i Cubi rossi del Campus, in una pausa, incontro Francesco un laureando di Ingegneria Elettronica, assorto nella lettura di un quotidiano. Lo saluto e mi siedo accanto a lui. Ha gli occhi demoralizzati ed amareggiati e mi racconta di sua sorella, laureata in Economia con il massimo dei voti, ancora senza occupazione.

Nonostante si sia iscritta da mesi al Piano Garanzia Giovani, non ha ancora ricevuto nessuna mail per un primo colloquio e sul portale, per la maggior parte delle offerte, vengono richieste esperienze pregresse per lavori di basso profilo. Francesco mi racconta il suo sconforto, reso ancora più profondo leggendo gli ultimi dati ISTAT relativi al tasso di disoccupazione giovanile relativi al mese di agosto. Dopo un po, parlando, la sua rabbia diminuisce e negli occhi di Francesco si riaccende la speranza di voler continuare a credere nei suoi sogni e nei suoi progetti da realizzare.
Mi parla del desiderio di poter rimanere in Italia, dopo la laurea, e non essere costretto a scegliere di scappare allestero per poter lavorare. Mi parla del suo gruppo di amici, tutti provenienti da diverse formazioni: economia, giurisprudenza, filosofia, chimica. Tutti con un sogno nel cassetto: quello di poter mettere insieme un giorno le proprie competenze e realizzare una idea imprenditoriale innovativa con un carattere interdisciplinare e multidisciplinare.

Il suo sguardo muta e ritrova energia quando mi parla della sua esperienza presso il Contamination Lab di Cosenza, un incubatore di idee che sta quasi per concludere la sua prima edizione e che si è potuto realizzare grazie alliniziativa del Ministero dellIstruzione, dellUniversità e della Ricerca ( MIUR) con il bando Startup, pubblicato il 13 Marzo 2013 con D.D. 436.  Si tratta di uniniziativa che va a sostenere le micro, piccole e medie imprese per lo sviluppo sociale ed economico in particolare di determinate Regioni del Mezzogiorno: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia nel presentare progetti di ricerca e innovazione in collaborazione con università, PA, centri di ricerca.
Il bando Start up finanziato con risorse nazionali, che erano state assegnate in precedenza al PON Ricerca e Competitività 2007-2013 poi riprogrammate per il Piano dAzione per la Coesione-PAC,  ha lobiettivo di sviluppare ed ampliare la capacità di produrre ed utilizzare ricerca ed innovazione per una crescita imprenditoriale che renda i territori sempre più competitivi ed attrattivi.
Il bando è caratterizzato da 30 milioni di euro che devono essere impegnati e gestiti lungo ben quattro linee di intervento, di cui le prime tre sono prettamente destinate a startup:

Ø  Linea 1- Big Data: nuovi metodi e tecnologie per gestire e valorizzare basi di dati caratterizzate da grande volume, varietà e velocità  (8 milioni di euro).
Ø  Linea 2- Cultura ad impatto aumentato: nuove modalità di produzione, distribuzione e fruizione del patrimonio culturale, anche attraverso la combinazione di tecnologie digitali (14 milioni di euro).
Ø  Linea 3- Social Innovation Cluster: aggregazioni di competenze interdisciplinari, capacità innovative e di imprenditorialità emergente per rispondere alla domanda di innovazione e al soddisfacimento di bisogni emergenti (7 milioni di euro).
Ø  Linea 4- Contamination Lab (CLab): sono luoghi virtuali e fisici (incubatori di idee)
di contaminazione tra studenti e laureati in  discipline diverse per promuovere la cultura dell'imprenditorialità, dell'innovazione e del fare, così come l'interdisciplinarietà e nuovi modelli di apprendimento. I Clab sono finalizzati a esporre gli studenti ad un ambiente stimolante per lo sviluppo di progetti di innovazione a vocazione imprenditoriale e sociale. (1 milione di euro).

Attualmente i Contamination Lab approvati dal MIUR sono quelli : dellUniversità della Calabria, dellUniversità degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, dellUniversità degli Studi di Catania, dellUniversità degli Studi di Napoli Federico II, dell Università degli Studi di Palermo, dellUniversità di Cagliari e dell Università CaFoscari di Venezia. 

Storie come quelle di Francesco ce ne sono tante. Storie di giovani coraggiosi e pieni di inventiva che, nonostante la crisi e nonostante la mancanza di lavoro, non si limitano ad inviare CV e ad aspettare che prima o poi qualcuno risponda, ma intanto cercano di creare loro il nuovo mercato del lavoro andando ad inventare e a creare idee di impresa da tramutare in aziende concrete e stabili. La preoccupazione per il dopo, per un domani è costante, si sa che fare impresa in Italia non è facile anche a causa delle maglie troppo rigide e complesse della burocrazia che a volte spaventa e demoralizza con la sua lentezza i passi veloci ed innovativi delle idee. Tuttavia il cambiamento nasce prima che dalle regole, dalle persone e dalla capacità di ritrovare, nonostante le difficoltà, occhi nuovi per immaginare il proprio futuro.




Quando un’azienda è allo sbaraglio a causa del gap manageriale


Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili.
Dalla saggezza di Seneca, potremmo riadattare queste parole per descrivere la mancanza di coraggio e voglia di evolversi che spesso manca a molti imprenditori. Quelli soprattutto che spesso si trovano una fortuna in mano, ereditata dai propri padri, ma che privi di talento e voglia di osare, tendono sempre a lamentarsi delle difficoltà burocratiche, politiche, economiche e sociali,  trovando ogni scusa per voler de localizzare e distruggere anni di storia, puntando il dito contro chi non c’entra nulla con i loro fallimenti personali e professionali.
 In un pomeriggio di fine autunno, in attesa che il governo rottami finalmente la crisi economica dando inizio ad una riforma del lavoro tanto attesa, che non si sa se davvero cambierà le sorti occupazionali o sarà l’ennesima trappola fatta di parole belle ma vuote. Può capitare di imbattersi in vetrine ben vestite di aziende storiche. Tra i vari colori delle carte regalo, trovo affisso al muro principale del negozio un annuncio dove c’è scritto che sono alla ricerca di personale. Chiunque di fronte a tale occasione andrebbe a portare il proprio CV mettendosi in gioco.
 Suona il telefono della chiamata tanto attesa e capisci che l’esito del colloquio è positivo. L’entusiasmo è al massimo ma una volta varcati i cancelli e messo piede sull’ uscio della porta principale, tutto quell’ ottimismo svanisce di fronte al degrado.
Ciò che ti avevano promesso di fare, nel metterti alla prova, manca e tutte le luci e le belle parole non erano che solo un’ astuta apparenza e un grande inganno.
Si nota, da subito, come le mura vecchie di quella struttura siano pregne di negatività accumulata nel tempo. Dove l’incapacità di comunicare tra il capo e i suoi dipendenti, si tramuta in momenti di ansia che portano a non riuscire a risolvere anche problemi banali che inevitabilmente rallentano tutto il processo produttivo.
 Facendo una casuale ricerca sul campo, ho avuto la possibilità di vedere da dentro come un’azienda fallisce, ma no a causa della crisi economica, della mancanza di giovani disposti a lavorare e del politico di turno che fa fatica ad ascoltare e a capire le necessità delle piccole e medie imprese, ma per l’incapacità gestionale dell’imprenditore che non sa leggere e risolvere i problemi della sua azienda.
 Negli anni mentre il mercato del lavoro si evolveva e molte aziende da conduzione familiare, mutavano il loro profilo in multinazionali, andando ad investire il proprio capitale nelle risorse umane, nella formazione continua del personale, nell’innovazione e nelle tecnologie mantenendo come punto di forza la tradizione e lo sviluppo sul territorio con un occhio vigile al mutamento costante del mercato del lavoro. C’è chi, invece, ha preferito far ingrassare solo le proprie tasche e i propri armadi, lasciando la struttura ferma agli anni 50’ insieme alla mentalità e agli atteggiamenti.
Con una breve ma attenta osservazione ed analisi mi sono resa conto che tale azienda soffre di un forte gap manageriale che purtroppo la porterà, se non interverrà in tempo, ad un lento suicidio.
La causa si può riscontrare nella mancanza di comunicazione ed ascolto tra i vari soggetti; non curanza dell’ambiente lavorativo, assenza di un welfare aziendale a favore de benessere dei lavoratori; mancanza di innovazione del prodotto: nuova tecnologia o combinazione di tecnologie introdotte per soddisfare un bisogno; di innovazione di processo: cambiamento nel sistema degli impianti, forza lavoro, definizione dei compiti, materie prime o flussi informativi per produrre un bene o un servizio; di innovazione incrementale: sviluppo di paradigmi preesistenti, aumento di produttività e competitività dell’impresa migliorando l’efficienza di utilizzo di tutti i fattori della produzione; investimenti organizzativi, progettazione e programmazione di nuove idee. Di  innovazione radicale: origine di nuovi paradigmi tecnologici, investimento in R&S. Sviluppo di nuovi mercati per migliorare la qualità dei prodotti già esistenti e per l’investimento continuo nella formazione delle proprie risorse e nella ricerca e potenziamento tecnologico dei propri mezzi di produzione.
 Per quanto ancora, un’azienda, potrà contare di poter reggere la commercializzazione dei propri prodotti, facendo leva solo sulla storia del suo marchio?
Per quanto tempo può risultare credibile un’azienda che da fuori brilla di luce riflessa, quando dentro sta marcendo, giorno dopo giorno, andando a perdere per strada molti dipendenti che scappano di fronte alla mancanza di tutele, garanzie minime e di un’ambiente sereno dove poter crescere e mettere a disposizione i propri sudori per una realtà apparentemente solida?
Per quanto ancora andremo a puntare il dito contro lo Stato, senza capire che esso non siamo altro che noi, e che possiamo cambiarlo solo con sacrifici e piccole rivoluzioni come ad esempio non portare l’azienda all’estero ma tendendo ad ampliarsi e andando ad adattarsi ai nuovi ritmi del lavoro e del mondo senza andare a togliere dignità ai lavoratori e alla propria storia.