giovedì 12 settembre 2013

LA FUGA DEL MARE

"La fuga del mare" di Alessia Santopaolo

                                       


Quando sto seduto sulla spiaggia della mia vita sento il calore della sabbia che con garbo mi riscalda l’anima come una grandissima coperta. Lungo il bagnasciuga c’è gente che va da destra verso sinistra e da sinistra verso destra. Persone di ogni età: donne, uomini, bambini ed anziani. Corrono, hanno fretta. C’è chi è vestito da signore con giacca, cravatta, capello e fiore all’occhiello; c’è chi indossa pellicce e diamanti dove potersi specchiare. Quanto corre questa gente sembra che non abbia pace non ha tempo nemmeno per degnarmi di uno sguardo e di certo non passo inosservato.
-:“ Sono qui, ehi voi ma perché andate di fretta? Perché non vi fermate a brindare con me alla vita?”.
Ora che guardo bene accanto a me c’è un bambino che gioca spensierato come se per lui il tempo fosse una macchina senza freni, piena di divertimenti come una giostra. Dall’altro lato della spiaggia vedo persone con ombrelloni e borse da pic-nic prendere la tintarella sotto i raggi calienti del sole. Ridono, parlano, giocano a carte e qualche volta si divertono a spruzzarsi con la mia acqua salata a tuffarsi nelle mie onde che nascono e muoiono in un movimento ripetitivo. Queste persone mi vogliono un bene immenso, godono di una ricchezza unica difficile da contare e pesare, un tesoro simile ai granelli della mia sabbia che si trova nel forziere dell’anima. Il mio spirito è racchiuso nella fauna e nella flora dei miei fondali, sotto il mio mantello vasto quanto il cielo, il mio cuore batte al ritmo del canto delle sirene. Dentro di me ci sono tante vite di diverse forme, grandezze , coralli di ogni colore che fanno da contrasto. Da fuori sembro vuoto, ma se guardate bene fra un’increspatura ed un’altra vedrete esseri che mangiano, dormono, nuotano, vivono e muoiono: merluzzi, pesce cane, pesce spada, granchi, balene, delfini e grandi predatori come squali ed orche. Quest’ultimi possono sembrarvi degli animali feroci ma per la mia esistenza sono fondamentali, le mie acque non potrebbero vivere senza. Mi aiutano a mantenere in equilibrio l’ecosistema naturale e la biodiversità racchiusa in me.
Sapete mi sono posto sempre una domanda:” Come sarà il mare dalla spiaggia, dai treni, dalle vostre case...”. Per un giorno vorrei prendermi una vacanza, uscire da questo immenso guscio e godermi su uno scoglio la brezza, il profumo e il calore di quell’attimo, chiudere gli occhi e sognare mentre il sole cala sul mio corpo senz’anima. Ma non so se nel riaprire gli occhi vedrò ancora gente ridere o solo pianti nel vedermi spento, stanco. Meglio stare dove sono nel profondo dei fondali. Certo sarebbe curioso poter vedere disteso sul bagnasciuga le stelle nel firmamento che illuminano il mio mantello blu scuro. Vedere da un’altra prospettiva l’ombra della luna ballare il valzer con una nuvola come Ginger e Fred mentre tutti dormono ignari di quello spettacolo.
Ciò che urlerei ai passanti dalla mia riva se mai potessi farlo sarebbe questo:” Com’è possibile che su tanti esseri, quelli che inquinano, umiliano le mie acque di ogni schifezza siete solo voi? Ogni volta piango nel veder morire soffocati di catrame i miei cari amati fratelli pesci e uccelli. Quanto male producete ogni anno con le vostre mani e avete poi il coraggio di chiamare assassini le mie orche e i miei squali. Vi spaventate di una medusa e piangete se vi va un po’ di acqua negli occhi nel stare a galla…allora io cosa dovrei fare nel dover ogni volta convivere con fusti e navi piene di veleni che ogni secondo uccidono una parte di me in silenzio come un cancro. Abusate dei miei spazi con cemento e mattoni. Vi ritenete padroni di tutto e di tutti come se la vostra natura fosse quella perfetta ed intoccabile. Siete la specie più disumana che le mie acque abbiano mai conosciuto dalla notte dei tempi, vi ritenete i paladini dell’amore, della giustizia, della pace ma poi siete perfette macchine da distruzione. Nella mia pancia custodisco relitti di ogni epoca ma soprattutto racchiudo in me le anime dei vostri fratelli che avete respinto in una notte di mareggiata e non li avete soccorsi mentre affondavano insieme alle loro speranze.” 



Si narra che una notte su uno scoglio un uomo con barba lunga e 
 capelli al vento fissava lo sguardo verso il firmamento. 
 Ad un tratto si tuffò in mare lasciando sullo scoglio la sua impronta con un’onda e mai più si vide all’orizzonte. 

La leggenda di un pescatore  narra che dopo quella notte, da quello 

scoglio, mai più vide l’ombra del mare.





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